Cecily Brennan è un’artista irlandese che ha lavorato molto con stati d’animo come la depressione nella sua carriera artistica.
L’opera Melancholia, risalente al 2005, nasce originariamente come una video-performance della durata di circa 11 minuti che ritrae l’artista stessa sdraiata nuda in posizione fetale all’interno di una struttura che ricorda una bara. Durante la performance una bile nera scorre lentamente da sotto il suo corpo e l’artista non muove nessun muscolo a parte le palpebre. Inoltre, c’è un elemento voyeristico in quest’opera: l’osservatore assiste alla performance come se esistesse una quarta parete (o “sesta parete”, in questo caso) che permette di guardare all’interno delle più profonde emozioni della protagonista. Quest’opera risulta essere una rappresentazione piuttosto letterale di cosa si prova durante episodi depressivi:la vulnerabilità, l’incapacità di muoversi, la percezione di avere una sorta di “veleno” dentro, la sensazione di isolamento e la profonda stanchezza sono tutti elementi ricorrenti nelle descrizioni della depressione.
Tuttavia, esiste un’opera connessa a questa, dallo stesso titolo, che riesce ad astrarre tutti questi elementi, togliendo loro l’aspetto letterale e aggiungendo nuovi significati: la versione acquarellata di “Melancholia” è dunque l’opera che vi presentiamo oggi.
Al suo interno, si vede una figura femminile simile a quella protagonista della video-performance, nella stessa posizione. Invece che essere chiuso in una scatola a cui noi abbiamo una sorta di accesso privilegiato, il corpo in questo caso è come sospeso in uno spazio bianco indefinito, che rappresenta bene l’emotiva assenza vissuta durante la depressione. La bile nera della performance diventa qui una macchia di acquarello che copre il volto della protagonista quasi cancellandone l’identità. La sensazione di non essere più se stess* quando i pensieri si fanno scuri è facilmente diretta conseguenza dell’apparente annullamento di emozioni e desideri, e la scelta di rappresentarla con una macchia nera sul volto aggiunge livelli di complessità all’intera opera.
È importante notare che qua l’identità non è del tutto cancellata, viene solo coperta da una temporanea macchia di dolore: la depressione non sempre è uno stato permanente, pur segnando inevitabilmente la persona che ne soffre o che ne ha sofferto. È utile guardare a opere come questa per cercare di ricordarsi di non essere in trappola, anche se quando ci si è dentro sembra di non avere via d’uscita.
Per vedere la performance, qui il link al sito ufficiale dell’artista.