L’artista che abbiamo scelto per parlare di libertà dei corpi è Laura Aguilar, un’artista visiva, attivista, femminista, lesbica e chicana. Nella sua pratica Aguilar tocca temi come il colonialismo, il postumanesimo, la queerness intesa come oggettificazione di certi corpi e l’ecofemminismo.
L’arte di Laura Aguilar è profondamente queer nell’accezione più disobbediente e provocatoria del termine, ma allo stesso tempo ha un qualcosa di ammaliante e quasi confortante. Il suo percorso artistico comincia in famiglia, incoraggiata sin da piccola dalla madre amante delle rocce, della loro forma e texture, e dalla zia non vedente che spesso le chiedeva di descrivere il mondo attorno a loro in modo non oggettivo (la luce del giorno, il colore dei fiori).
L’importanza della terra, del paesaggio che racchiude in sé potenzialità infinite di storie intrecciate a ricordi è per Aguilar un elemento essenziale; il dialogo nelle sue fotografie tra la realtà corporea di pelle, capelli, pieghe, grasso, smagliature e la roccia, la terra,le venature, la polvere, la secca vegetazione è profondamente impattante sia a livello visivo che a livello emotivo.
La serie che prendiamo in esame in questo contesto è Grounded, una serie fotografica composta da centinaia di foto diverse, foto in cui il corpo dell’artista è posto al centro di ambienti naturali che riprendono le sue forme, portando il dialogo sul corpo a una dimensione molto più ontologica e formale rispetto a quella che di solito viene attribuita ai corpi non conformi.
Il fatto di inserire il corpo in un contesto naturale porta lo sguardo a soffermarsi inevitabilmente sulle similitudini e le differenze degli elementi, le forme quasi identiche, le texture opposte. Questo crea una sensibilità erotica inaspettata rispetto al corpo ritratto dell’artista, alimentata proprio dall’accentuazione della delicatezza del corpo data dal contrasto con la solidità e la durezza delle rocce.
Questa dicotomia tra l’insistenza sull’idea del corpo come parte della natura, funzionale e semplicemente esistente, e il ritrovato erotismo per un corpo grasso, queer e latino è simbolica della resistenza e della disobbedienza insite nell’attivismo queer. Attraverso questa serie fotografica Laura Aguilar riflette sulla deumanizzazione sistemica dei corpi queer e dei corpi grassi che avviene costantemente nella rappresentazione a cui siamo abituat*. Associando il corpo a formazioni rocciose e ad ambienti naturali, si può procedere con le riflessioni su due binari differenti: da una parte si può pensare al corpo come “semplice” (s)oggetto naturale, in qualche modo perpetrando ancora la deumanizzazione già vista; dall’altra parte si può pensare di considerare la materialità della natura e la materialità del corpo come aventi la stessa dignità. Aguilar si riappropria della materialità del suo corpo e della sua immagine, usandolo allo stesso tempo come strumento di rivendicazione della propria terra e delle proprie origini di donna chicana immigrata di terza generazione in California e discendente di nativ* american*.
Non potevamo trovare opera migliore per esporre temi e proporre spunti di riflessione sulla libertà dei corpi: quando guardiamo queste foto noi vediamo chiaramente una libertà conquistata con una profonda accettazione di sé e una potente lotta politica attiva.
Fonte: “Introduction: Has the Queer Ever Been Human?” Dana Luciano, Mel Y. Chen