A proposito di assimilazione, vorrei introdurre un movimento artistico che spesso rimane inesplorato anche da chi è interessatu all’arte contemporanea: sto parlando dell’Art Brut (traducibile in italiano con “arte grezza”), un movimento fondato dall’artista francese Jean Dubuffet nel 1948. Dubuffet aveva cominciato ad interessarsi all’arte prodotta dalle persone con malattie mentali a seguito dell’uscita del libro di Hans Prinzhorn Bildnerei der Geisteskranken (L’Arte dei Folli) nel 1922, per poi teorizzare la validità delle opere prodotte dalle persone che non rientravano nei canoni artistici del tempo (persone con malattie mentali, bambinu, detenutu, ecc.)
L’Art Brut nacque proprio dalla consapevolezza che il canone artistico allora esistente non poteva più essere la norma, ma doveva essere rivoluzionato dall’arte delle persone marginalizzate e che non avevano nessun contatto con il mondo artistico elitario a cui musei e istituzioni erano abituati. Dubuffet riuscì a riconoscere il valore di opere non convenzionali, prodotte da persone non conformi, e investì in loro costituendo un’enorme collezione che è poi stata donata al museo Collection de l’art brut a Losanna, in Svizzera.
L’artista di cui vorrei parlare oggi, però, non è Jean Dubuffet, ma Aloïse Corbaz: Corbaz era una donna svizzera che diventò insegnante e governatrice presso la corte del kaiser Guglielmo II a Potsdam. Nel 1914, a causa della seconda guerra mondiale, fu costretta a tornare in Svizzera, dove si convinse di avere una relazione romantica clandestina con il kaiser. Fu presto diagnosticata con schizofrenia paranoide e rinchiusa nel manicomio di Cery-sur-Lausanne.
Durante la sua permanenza al manicomio, Corbaz si intrattenne con la scrittura di poesie e la creazione di quadri sempre più incisivi, rappresentando corpi di donne fiere e amori appassionati.
Questo è un chiaro esempio di come l’arte non appartenga solo a mondi elitari e classisti, ma sia contaminabile dal basso con forme innovative e arricchenti. Jean Dubuffet riteneva che l’Art Brut avrebbe rivoluzionato i musei tanto che niente nell’arte sarebbe stato più come prima. Invece è successo proprio quello che gli assimilazionisti desiderano di più: anche l’Art Brut è diventata canone.
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