Yle: Ciao a tuttu siamo Ylenia e Mari, bentornatu su Ostrakon, il podcast che tenta di rileggere il mondo classico in chiave transfemminista.
Di cosa parleremo oggi?
Mari: Di consenso. Sei carica Yle?
Yle: Tantissimo.
Mari: Allora, per parlare di consenso è necessaria innanzitutto una distinzione tra l’attrazione romantica e sessuale. Le due cose spesso coincidono ma non necessariamente. Ad esempio, nel mito greco è ricorrente che gli dei inducano l’innamoramento, come nel caso di Eros e Afrodite, o usino metamorfosi, come fa Zeus, per appagare il loro desiderio, per vendetta oppure per gioco…Insomma, abbiamo due sfere distinte, due polarità: parliamo della prima: la sfera prettamente romantica, indotta dall’azione di un dio, come nel caso di Afrodite su Elena e Paride.
Yle: C’è da considerare che il mito apre un panorama simbolico: la divinità che fa innamorare, in realtà rappresenta il fatto che l’amore, ma anche la passione, sono, come si sente dire spesso,ciechi. Non possiamo scegliere consciamente di innamorarci, il fatto che succeda è dovuto ad un intreccio di dinamiche così complesso che è facile vedere perchè lu anticu diano la colpa agli dei: si tratta di una forza esterna, insomma deterministica, un destino ineluttabile.
Mari: Consideriamo per esempio la vicenda di Elena e Paride: Elena è la causa della guerra di Troia e della morte di innumerevoli soldati greci. E poverina, è per questo che Elena viene appellata come “sciagura”, non solo in ambito letterario, ma anche in seno popolare, no?
Yle: Sì, è diventato tipo un modo di dire.
Mari: È interessante pensare a Gorgia, hai presente, il sofista, il maestro di retorica, che scrive l’Encomio di Elena per difenderla dalle accuse. Ovviamente la mentalità greca è estremamente maschilista e l’opera di Gorgia è solo un esercizio retorico. In ogni caso è interessante notare come Gorgia. non dia la colpa alla povera Elena proprio perchè è indotta da forze incontrollabili.
Yle: L’encomio va infatti contestualizzato in una società per cui è più facile pensare ad Elena come colpevole e non vittima. Ma a pensarci bene, la donna nel mondo antico non è mai vittima, perché non c’è una cultura del consenso a cui può appellarsi. Spesso la donna non è nemmeno considerata una persona, chiusa in casa, completamente estranea alla vita della città, è del tutto in balìa del marito e delle sue decisioni. Da una parte quindi viene deresponsabilizzata, dall’altra, come nel caso di Elena, si fa capro espiatorio. A prescindere, è sempre sulle sue spalle che ricade la colpa.
Come al solito mi piace proporre una riflessione del tutto anacronistica. Elena è la donna più bella del mondo, una donna, in un certo senso, quasi pericolosa proprio perché la sua è una bellezza che turba, una femminilità sicuramente conforme ai canoni, ma così dirompente da scatenare una guerra. Fa paura.
Mari: Tra l’altro notiamo che Elena, in un contesto contemporaneo, non sarebbe nient’altro che vittima. Vittima di Afrodite prima, che la usa come merce di scambio per ottenere la mela d’oro e vittima dell’opinione pubblica dopo. E alla fine diventa pure bottino di guerra, insomma maiunagioia.
Se anche avesse tradito Menelao per scappare con Paride a Troia, la decisione di prendere una flotta e assediare una città non dipende proprio da lei.
Yle: Insomma, Menelao, amore bello, prenditi le tue responsabilità che Elena non ha colpe.
Mari: Ma bisogna poi fare una riflessione sul consenso nel senso proprio del termine, riferito alla sfera sessuale. Si potrebbe quasi definire topos ricorrente quello del consenso non rispettato. Tantissimi miti su divinità maschili, in primis Zeus e Apollo, parlano di caccia alle ninfe e alle donne che li rifiutano.
Yle: In proposito un esempio che per me è rilevante è il mito di Danae: Zeus, per possederla, si trasforma in una pioggia dorata che la mette incinta e c’è poco che lei possa fare: è una violenza vera e propria, letta in termini contemporanei. Tra l’altro, il mancato consenso viene in un certo senso romanticizzato attraverso l’espediente narrativo della metamorfosi. Non ci si concentra mai sulla volontà della donna.
Mari: Mi viene in mente che anche rispetto al mito di Dafne e Apollo, l’arte classica e neoclassica, ma anche il mito stesso, romanticizzano la caccia del dio.
Yle: È vero, l’unico modo che ha Dafne per sfuggire ad Apollo è venir trasformata in un albero, sacrificare la sua umanità e farsi vegetale addirittura: è davvero questo l’unico modo per riscattarsi da una violenza? La donna viene ridotta ad oggetto, in senso figurato prima, e poi proprio di fatto.
È interessante notare come nell’arte e nella letteratura si considera la metamorfosi come un espediente a dir poco poetico, quando effettivamente è la riduzione della donna vittima a oggetto.
Mari: Andando oltre la romanticizzazione, una vicenda che, al contrario, spicca per quanto è cruda e disincantata è quella di Cassandra.
Quindi non c’è una dimensione, in un certo senso, fiabesca, come avviene per le metamorfosi. (tra l’altro a me le vicende crude e disincantate piacciono tantissimo ahahahaha)
Yle: Cassandra prova ad usare la sua femminilità, in particolare il fatto che Apollo fosse invaghito di lei, per ottenere il dono della preveggenza. In un certo senso, il suo è un tentativo di far leva sulle caratteristiche tipicamente femminili (spesso sdegnate, nel mondo antico, rispetto a quelle maschili) per ottenere questo dono.
Mari: Ci sono diverse versioni del mito. Quella che ci interessa in questo caso, è quella più conosciuta: Apollo invaghito di Cassandra, principessa di Troia le concede il dono della preveggenza in cambio di un rapporto sessuale. Ma Cassandra, dopo aver ottenuto quello che desiderava, rifiuta di concedersi. Non avviene una violenza sessuale da parte di Apollo
Yle: E questo è interessante
Mari: Sì, ma il dio le sputa sulle labbra e così la condanna a profetizzare sempre il vero, ma a rimanere inascoltata. Questo mette in evidenza come non ci sia attenzione al consenso, alla volontà della donna: il rifiuto non viene mai accolto bene e delinea la violenza e l’aggressività di una società patriarcale, i cui retaggi si protraggono fino a noi.
Tra l’altro Cassandra avrà un destino infelice: durante il saccheggio di Troia sarà violentata da Aiace e infine portata in ostaggio a Micene come bottino di guerra, dove morirà insieme ad Agamennone, dopo aver vaticinato la loro morte per mano della moglie Clitemnestra.
Yle: Un altro tema che è interessante trattare è come, nel mondo antico, venga percepita la violenza su un uomo. Parlerei di Fedra e Ippolito, i protagonisti di una tragedia di Seneca, la Fedra appunto.
Mari: Sì, Seneca lo conosciamo come famosissimo filosofo ma in qualche caso, era anche un drammaturgo.
Yle: Esatto. La vicenda di Fedra e di Ippolito calza a pennello per parlare di consenso maschile: questa volta è un uomo, Ippolito, a rifiutare le avance di una donna, la matrigna Fedra, e ad essere punito per questo con la morte.
Mari: È necessario fare una premessa culturale: rifiutare il culto di Afrodite, la dea dell’amore, è uno dei peccati più gravi per un giovane greco.
Ippolito è un ragazzo bello e aitante, ma rifiuta la vita pubblica e l’amore, in favore del culto di Artemide, vergine dea della caccia.
Per questo, Afrodite, offesa dall’atteggiamento di Ippolito, decide di vendicarsi del giovane, utilizzando Fedra, la sua matrigna.
Fa impazzire la donna d’amore per il figliastro, e ovviamente questo sentimento incestuoso non è ricambiato da Ippolito, che disprezza la matrigna e le donne in generale.
Yle: Che incel.
Mari: Ahah. Fedra nel momento in cui si dichiara a Ippolito viene rifiutata in malo modo e per vendetta, accusa il giovane di stupro.
Dal canto suo Ippolito, fugge dalla città per scappare dalle false accuse, ma rimane ucciso in un incidente causato dalla maledizione scagliata del padre Teseo, che crede alla moglie Fedra.
Cosa pensi emerga dalla vicenda in termini di femminismo, ora che a subire una violenza, seppur non fisica, è un uomo?
Yle: Ah, guarda, in primo luogo emerge che anche quando la donna si trova in una posizione di potere, com’è il caso di Fedra che distrugge la reputazione di Ippolito, è su di lei che ricade la colpa: il lettore condanna Fedra, non Ippolito e non la forza superiore che induce l’innamoramento. C’è sempre la tendenza ad associare la donna alla causa del male.
Ci si dovrebbe mettere nella posizione di vedere Fedra come vittima di una forza maggiore, Venere, e tuttavia in un contesto contemporaneo l’esperienza di Ippolito è del tutto valida, va riconosciuta come una violenza, a prescindere dal fatto che Ippolito è un uomo. Le vittime di abusi non necessariamente sono donne e sì, è vero che femminicidio e stupro sono, nella maggior parte dei casi, conseguenze del sessismo e del patriarcato, ma esistono anche vittime che sono uomini o persone non binarie. Tutte le esperienze di violenza sono valide.
È importante recuperare quindi la vicenda di Ippolito in un contesto contemporaneo per mostrare la pervasività della violenza, anche quando trascende la dinamica strettamente sessista.
Dalla vicenda di Fedra e Ippolito emerge una doppia tensione. Fedra risulta carnefice che accusa ingiustamente Ippolito di stupro eppure è anche vittima di una forza superiore, Venere.
Mari: Fedra e Cassandra sono esempi che derivano dal mito. Ma il tema del consenso è strettamente connesso anche all’ambito socio culturale: in una società patriarcale in cui la donna è vista come oggetto e in cui è all’ordine del giorno la violenza, non esiste un concetto di consenso.
Yle: Che è interessante considerando che però esiste il concetto di violenza. Il fatto che la vittima, nella maggior parte dei casi una donna, non sia mai messa nella condizione di rispondere con un no o un sì al rapporto sessuale mostra quanto la prevaricazione maschile fosse radicata.
Mari: In merito a ciò un fenomeno sicuramente interessante da analizzare se si parla di consenso è la pederastia.
Con questo termine i Greci indicavano una relazione spesso di tipo erotico sessuale tra una persona adulta e una più giovane. (esempio lampante è quello di Achille e Patroclo, che nonostante quello che vuole farci credere Troy, i due erano tutto, tranne che cugini).
Personalmente l’unica cosa che salvo del film Troy è Brad Pitt che interpreta Achille, suvvia ahahahahahaha.
Yle: La pederastia è una dinamica relazionale vista prettamente in una dimensione pedagogica totalmente normalizzata e accettata. Agli occhi contemporanei è inaudito, si tratterebbe di abuso su minore e di una dinamica di potere non ignorabile, eppure il contesto culturale rendeva la pederastia accettabile. Bisogna quindi aprire una parentesi su quando e come la persona può approcciarsi al sesso in sicurezza. Sicuramente in contesto greco si tratta di un’attività sicura: il sesso è così destigmatizzato da diventare un’arte, l’uomo maturo insegna al giovane come essere prestante, con tutto il sostrato di mascolinità tossica che noi persone contemporanee possiamo proiettarvi.
Mari: Tra l’altro c’è da notare che la pederastia è una dinamica esclusivamente maschile, ma una controparte al femminile si ritrova ad esempio nella dimensione del Tiaso di Saffo.
Il Tiaso è una comunità esclusivamente femminile sull’isola di Lesbo, nella quale venivano mandate ragazze di buona famiglia per imparare a diventare delle buone mogli in vista del matrimonio.
Yle: Esattamente come per la pederastia maschile, anche in questo contesto ci sono dei rapporti omoerotici tra chi insegna, Saffo, e l’allieva di turno. Secondo me è interessante notare come la dimensione di insegnamento si intrecci a quella sociale, a quella romantica e secondo alcune interpretazioni a quasi una dimensione materna o genitoriale. Beh, si potrebbero fare infinite interpretazioni su quanto avvenisse nel Tiaso, quasi tutte però sarebbero una forzatura di categorie contemporanee a una società che funziona per dinamiche ben differenti.
Mari: Concluderei proprio con una poesia di Saffo, Ode alla gelosia, scritta per un’allieva, che mostra la portata del sentimento romantico, e appunto, della gelosia della poetessa. La traduzione è di Salvatore Quasimodo.
A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
5 il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde nella lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
10 del sangue nelle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.