Tremble Tremble è una video performance presentata dall’artista Jesse Jones alla 57esima Biennale di Venezia per il padiglione irlandese e recitata dall’attrice Olwen Fouéré, che si pone davanti allo schermo con le fattezze di una strega dai capelli bianchi e lunghi.
Lo slogan “Tremate tremate, le streghe son tornate” è stato usato moltissimo dai movimenti femministi italiani della seconda ondata (anni ‘70) soprattutto nel contesto delle battaglie per la libertà di esercitare la piena potestà sul proprio corpo. È stato ripreso in Italia più recentemente durante le manifestazioni contro i detrattori della legge 194. Jesse Jones dà nuova vita allo slogan e, ispirata dall’analisi di Silvia Federici nel libro “Calibano e la strega: le donne il corpo e l’accumulazione straordinaria”, crea un’opera profondamente politica che affonda le sue radici in una geologia di movimenti femministi. L’artista infatti usa la sua voce per amplificare quella di tante persone che in Irlanda in quel momento chiedono l’abrogazione dell’emendamento VIII della costituzione irlandese, quello che criminalizza l’aborto (abrogato poi nel settembre 2018).
L’opera di Jones, però, va molto oltre la battaglia politica sull’interruzione volontaria di gravidanza, mettendo in gioco riflessioni molto più stratificate. La “strega” del video recita brani dal Malleus Maleficarum, un manuale medievale per identificare e accusare le donne sospettate di essere streghe. Lo recita però al contrario, da una parte riavvolgendo il nastro della storia per riappropriarsi delle false accuse, dall’altra rendendo il testo incomprensibile una sorta di maledizione vendicativa.
Le immagini sono proiettate su schermi giganteschi, e Fouéré è spesso ripresa dal basso, creando così l’illusione di una figura gigantesca. Nelle interviste, Jones fa spesso riferimento al mito di sua creazione della “gigantessa”: secondo la sua visione, si può creare una legge immaginata dal nome In Utera Gigantae, in cui il corpo della donna, gigante soprattutto in relazione al feto, è un enorme territorio che rimane al di sopra delle leggi giuridiche. Questo discorso binario che lega la figura della donna a quella dell’utero prima e della madre poi, è però da contestualizzare in un’Irlanda iper cattolica immersa nelle battaglie per decriminalizzare l’aborto. Se assumiamo che statisticamente le persone interessate da queste battaglie sono donne cisgender (le altre persone con utero, uomini trans o persone non binarie, sono una minoranza) e se inseriamo la riflessione di Jones nella continuazione del femminismo storico della seconda ondata, possiamo se non accettare almeno comprendere e contestualizzare un punto di vista estremamente binario come questo. Dal discorso di Jones mi sembra importante isolare soprattutto l’idea del corpo come territorio e del corpo come al di sopra delle leggi, rappresentate visivamente dalle dimensioni schiaccianti delle proiezioni della “strega” di Olwen Fouéré. L’attrice interagisce nel video con quelli che sembrano mobili che si trovano in un tribunale riprodotti in scala per farla sembrare enorme in prospettiva. Il tribunale (simbolo della sistematica amministrazione dei corpi delle donne da parte del patriarcato) così riprodotto diventa piccolo, maneggevole, smantellabile con un gesto della mano.
Chiaramente all’interno della narrazione sulla figura della strega rimane necessario interrogarsi sul potenziale binarismo che la figura stessa racchiude; ciononostante la strega rimane credibilmente un simbolo di oppressione e rivendicazione di genere che non deve necessariamente sottintendere un ormai superato determinismo biologico (donna=utero) ma che può e deve includere i corpi femminizzati, ossia tutti i corpi che vivono e subiscono la misoginia.
Come Jones specifica rispetto alla sua opera, l’intento è di evocare “this trembling sense of being on the precipice of massive political change” (questo tremante senso di essere sul precipizio di un enorme cambiamento politico). Con le parole di Fouéré, “Ne avete avuto abbastanza? O avete ancora tempo per il caos?”