Atto 1: di critiche e soia (Re: Articoli che parlano di noi, Incel)

di Marco Bacchella

Un giorno io e Ylenia stavamo andando a vedere un motorino, che quello che aveva prima, Scruffy, glielo avevano rubato davanti casa mia. Mi disse che doveva parlarmi: come ogni partner mi sono fatto prendere dall’ansia. Che avevo fatto? Mi ero dimenticato qualche compleanno? Il suo era a luglio? Diario di campo, 18 novembre. È ancora molto arrabbiata perché, seppur sia una battuta proprio perché il suo compleanno è a giugno, sostiene che sia solo una scusa perché non mi ricordo il giorno del suo compleanno. La decisione è la seguente: smetto di farle leggere le mie bozze. Salì in macchina a Sesto, mi disse di calmarmi. Non mi calmò affatto sapere che dovevo calmarmi. Mi disse che sul sito era arrivato molto traffico proveniente da un vecchio articolo, il mio, quello sugli incel. 

Un certo forum chiamato ramispogli aveva trovato il mio articolo e l’aveva commentato all’interno di un thread generale in cui venivano commentati tutti gli articoli a tema incel. Articoli che parlano di noi: il thread era esattamente quello, niente di più, niente di meno. La cosa lì per lì mi spaventò un pochetto: non è mai carino sapere che una frangia per cui non provi particolari simpatie ha trovato il tuo articolo, quindi il tuo nome e il tuo cognome: la costante tensione tra la voglia di essere apprezzato e la paura di essere conosciuto è anche questa però. Ylenia mi diede il link, io accostai e mi misi a spulciare il thread in macchina. 

Avevano trovato una mia foto: certamente una delle mie peggiori. Risalente al 2018, scattata in una Porto Cesareo autunnale, pure controluce. La cosa mi interessò non poco: non per quello che scrissero di me, anche se gli insulti erano carini. Accademicamente parlando, questa roba mi fece suscitare la stessa curiosità morbosa che mi aveva spinto, all’inizio, a infilarmi nel forum dei brutti. Mi misi a ricercare le motivazioni dietro agli insulti e alle critiche mossemi. 

Ed ecco un articolo follow-up creato solo per alimentare il mio ego, spiegare alcune mie posizioni e per avere una scusa per avere uno stile pop, pomposo e petulante che Ylenia non sopporta. 

Vorrei iniziare con delle piccole premesse teoriche. Quello che seguirà sarà una disamina di diversi, ma ovviamente non tutti, aspetti della comunità incel, intesa nel senso più esteso del termine. Ritengo che, se si condivide un linguaggio, si condividono significati, e se si condividono significati, si condividono simboli. Io sono interessato alle ragioni dei significati e dei simboli, ma so di avere un bias personale che mi spinge a fare ricerca. In questo caso queste persone non solo condividono un linguaggio, altamente specifico, spesso coniato a partire da neologismi scientifici o pseudo tali, ma condividono un’ideologia che è in netta opposizione alla mia. Esattamente come l’antropologia femminista del secolo scorso, io voglio esplicitare il mio bias. Io sono un femminista e analizzerò anche grazie alle lenti del femminismo questi individui, perché, come andremo a vedere, sembra che questi individui condividano molto con il mio femminismo. Non ho nessuna pretesa di avere capacità sovrannaturali di pormi in una posizione parresiastica rispetto al mio sistema di pensiero, come non ho nessuna pretesa di sostenere che questo testo non contenga refusi, errori di battitura o teorie assolutamente infondate. Ma d’altronde, sono un antropologo. 

Per riassumere le informazioni necessarie alla lettura di questo testo, ovvero, ciò che è stato scritto nel primo articolo, le comunità incel si basano sulla teoria della RedPill e sulla teoria LMS (Look, Money, Status). Secondo queste due teorie ogni interazione umana, in particolare l’attrazione sessuale e romantica, è basata su alcuni fattori esteriori degli individui, come la bellezza fisica o l’ostentazione di un determinato tenore di vita. Questi fattori sono graduabili in una scala numerica che va da 1 a 10 e che, in modo molto deterministico, assegna un valore effettivo alle persone valutate. Ovviamente, con questo tipo di valutazione, deriva l’oggettificazione costante di tutti gli individui che vengono messi sulla scala. Non più individui pensanti con facoltà di raziocinio, ma bensì oggetti valutabili per le loro caratteristiche fisiche. La teoria RedPill è un’estensione, o una teoria parallela, a seconda degli utenti a cui si chiede, della teoria LMS: essa illustra come le dinamiche sociali si basano sul fatto che uomini e donne sono biologicamente differenti e questo darebbe molte più possibilità, in essenzialmente tutti i campi, alle donne cis. Grazie a queste possibilità percepite come maggiori, alle donne sarebbe permesso di ipergamare, ovvero avere rapporti sessuali con persone che sulla scala LMS sarebbero valutate in modo migliore. Gli uomini cis, invece, sono costretti a ipogamare, ovvero a intercorrere rapporti con persone valutate sotto di loro nella scala LMS. 

Atto 1: Di critiche e soia

Dalle mie visite, che per questo articolo ho preferito tenere sporadiche come quelle dei veri antropologi di inizio novecento (guai a voi a chiamarmi armchair-anthropologist), ho notato immediatamente quanta centralità, in questo forum, il “testosterone” abbia all’interno dei discorsi in questo thread. Specialmente per quanto riguarda gli insulti. Il testosterone nella frase precedente è virgolettato perché trascende, in questo contesto, la sua funzione puramente biologica. Il testosterone è rappresentato come indicatore metafisico del tuo essere uomo: in quanto, per come abbiamo appreso precedentemente, le uniche persone degne di questo nome ritenute tali dagli incel, quest’indicatore è condizione necessaria per capire alcuni degli insulti che muovono alle persone. 

Gli insulti sono una questione interessantissima dal punto di vista accademico. Ora, andrò forse a ricoprire il ruolo di quell’antropologo che, invece che parlare di quello che ha di fronte, al pranzo di Natale si mette a parlare di prepuzi davanti a tutti i parenti e solo la nonna è realmente interessata. Diario di campo: questa magari la riciclo e la metto in una stand up. 

Quando si formulano gli insulti si dà valore metafisico a due cose principali: l’alimentazione e le pratiche sessuali. Se per queste ultime lascio a voi l’onere di mettervi a cercare esempi calzanti, possiamo affrontare la prima categoria insieme. 

I tedeschi hanno un nome particolare per noi italiani: spaghettifressen. Una traduzione letterale del termine sarebbe complicata, ma possiamo definirla come ingurgitatori di spaghetti. Il suffisso fressen deriva dal verbo che si utilizza per gli animali che si alimentano. In questo caso gli italiani vengono declassati: non più umani, ma animali che fagocitano senza masticare. 

Ecco, quando l’autore di quel post mi ha chiamato ragazzo soia stava facendo esattamente questo. Ora, ovviamente vi manca qualche etto di contesto. C’è la strana credenza che mangiare la soia aumenti i tuoi livelli di estrogeni, quindi abbassi il tuo apporto di testosterone. Ricordando come il testosterone sia, in fin dei conti, un simbolo metafisico di mascolinità e quindi validità, l’insulto è basato sul fatto che le persone che mangiano soia sono meno mascoline e quindi meno valide in quanto meno trascendentalmente persone

Diario di campo: almeno, questa era la mia teoria iniziale. Tutto filava, nella mia testa, e la mia teoria degli insulti era perfetta. Finché Ylenia non mi ha proposto il fatto che fosse semplicemente un inside joke con troppi strati per poterlo capire a pieno. 

La cosa è comunque normalissima: tutte le società e tutte le comunità creano antropologie inverse per descrivere “l’altro”, e in questo caso “l’altro” sono io. Quasi ironico, ancora non un antropologo formato e già il campo di ricerca ha fatto sì che i ruoli si invertissero. 

“Ragazzo-soia” non è l’unico neologismo, o l’unico “gioco linguistico”, come direbbe il mio caro amico Ludwig, che questa comunità ha e che in fin dei conti è spesso quella che la contraddistingue e distanzia dal resto del mondo, ed è proprio questo che scatena gran parte del mio interesse.

Più avanti, l’OP, o original poster per quelli che sono nati prima del 90, commentano una mia citazione con “chissà perché gli “uomini” che si immischiano in cazzate femministe non sono mai chad, forse perché questi ultimi non hanno bisogno di ridursi a fare gli zerbini per riuscire a scopare”. Il virgolettato sulla parola uomini è dell’OP, non mio. Piccola premessa: non penso andrò a replicare agli insulti, non mi sembra il caso. Io comincerei dall’analizzare pezzo per pezzo questo estratto. È evidente che io non sia considerato abbastanza uomo per meritarmi questo nome senza virgolettato. L’immischiarsi in cazzate femministe è sottinteso lo faccia solo ed esclusivamente per scopare; che io mi riduca a zerbino con il coinvolgimento del collettivo è, quindi, solo in funzione del fatto che normalmente io non scopi e attraverso una posizione di subordinazione riuscirei a scopare, e tutto questo è solo perché non sono un chad. Il mio coinvolgimento con il collettivo non è solo condizione necessaria affinché io possa scopare, ma in realtà il ragionamento è contrario: io sono nel collettivo e scrivo articoli sugli incel solo per scopare. Vi vorrei ricordare l’assoluta eteronormatività dell’ambiente: io sarei coinvolto nell’attivismo solo per scopare con donne cis, non è chiaro se queste siano le altre componenti del collettivo, di cui ovviamente questo forum non ha esperienza diretta, o meno. Tutto questo lo farei perché non sono un chad: termine che possiamo tradurre con maschio alpha, anche se non approvo questa terminologia, in quanto veicola il messaggio esatto: la vetta della piramide sociale e biologica, spesso questi due concetti si confondono, è occupata da questi uomini che sono in quella posizione perché, volontariamente o involontariamente, sono i partner preferiti dalle donne, e banalmente, scopano. Non voglio affatto minimizzare questo concetto dicendo che è tutto relativo al sesso, ma considerando gli insulti nei miei riguardi è evidente quanto questa tematica sia connotata all’interno della narrativa vigente. 

Il secondo post che parla di me cita testualmente un pezzo del mio articolo, che vi copincollo qui, così non dovete fare avanti e indietro, che so bene com’è la pigrizia quando si ha un telefono in mano.
Il pezzo in questione è il seguente: “Sentivo nella mia testa che qualcosa stava cambiando, che c’era qualcosa che stava attecchendo. Mi sono fermato quando mi sono sentito a mio agio a fermarmi, ma non passerei un minuto di più in quel posto.” Il commentatore, preso questo estratto, fa esattamente quello che sto facendo io in questo momento: si mette ad analizzare ciò che ho scritto per farlo rientrare nelle proprie categorie, io facendo meta-etnologica dai risvolti etici dubbi, lui proponendo una contronarrazione: secondo questo utente io, nel mio dimostrare il mio disagio dovuto da un burnout, ho trovato il nesso tra la mia condizione di schifato e le idee del forum, quelle della redpill. È interessante notare come la condizione che danno per scontata è quella di schifato. Quello che forse avrei dovuto spiegare in modo più chiaro al tempo era il concetto che i termini e le parole che si imparano tendono a modificare il modo in cui pensiamo e percepiamo la realtà. C’è qualcosa di infettivo nelle parole, e non sono sicuramente il primo antropologo che ne parla. Dal punto di vista fisico, come questo articolo spiega sicuramente meglio di me, lo stimolo crea dei passaggi fisici tra i neuroni; dal punto di vista antropologico, seguendo la teoria proposta dall’antropologo Edward Sapir, poi rielaborata da Benjamin Lee Whorf, il modo in cui ci rapportiamo ai concetti va a definire in modo drastico i concetti stessi. Il linguaggio, secondo l’ipotesi di Sapir-Whorf incide pesantemente sui significati che attribuiamo all’esperienza: e se questo linguaggio è un linguaggio appreso e costruito per essere intrinsecamente deumanizzante, allora il risultato, dovutamente anche all’infettività del linguaggio stesso, è che il carattere deumanizzante è quello che si infiltrerà nelle menti di chi lo impara e lo utilizza. 

Il lessico delle lingue dell’area euroamericana contiene una varietà enorme di termini atti a descrivere e indicare il tempo cronologico: questo è uno dei tanti esempi che si potrebbero fare su come il linguaggio sia una diretta estensione della percezione della realtà dei parlanti, e questo solo per evitare di fare quell’esempio scontato degli Inuit e dei trecentomila tipi di neve diversa che sanno dire. Non è la sola descrizione del tempo però: la tensione capitalista ci fa “risparmiare” e “sprecare” il tempo, come se fosse una risorsa quantificabile e non un’astrazione folle di un qualcosa di immateriale.

I maghi definibili new age americani, come li definisce uno dei tanti manuali di antropologia che sono stato obbligato a leggere dai miei professori, solitamente entrano all’interno del mondo dell’occulto per scherzo: solitamente in maniera completamente ironica cominciano ad interpretare fatti chiave della propria vita utilizzando la lente, completamente ironica, della magia. Magari cominciano a leggere qualche libro sulla magia in modo totalmente ironico, magari partecipano ad una festa in cui il padrone di casa tira fuori dei tarocchi e interpreta degli avvenimenti. Poi in maniera ironica prendono parte a un rituale e scoprono una “forza dirompente” e attribuiscono il tutto a qualche potenza mistica e cosmica che governa l’universo. Questi maghi cominciano a credere: non nel senso che le cose in cui credono sono cambiate rispetto a prima, semplicemente notano come le nuove credenze sono, essenzialmente, vere. Tutti poi hanno aneddoti da raccontare che forniscono prove sulla veridicità del loro credo, perché l’orologio si è fermato o quella donna ha avuto un bambino esattamente nove mesi dopo il rituale. I cambiamenti intellettuali che accompagnano l’adozione di un nuovo credo e di un nuovo linguaggio fa sì che il credo, le pratiche e le interpretazioni sembrino efficaci. Scoperta e conferma si mescolano, si uniscono e rendono il tutto impossibile da decifrare. 

Più avanti il commentatore dice che io sono rimasto sconvolto perché mi sono accorto che il mio pensiero è “fuffa”. Il mio “attuale” pensiero è un pensiero in continua evoluzione: un risultato di crescita personale influenzato da ogni singolo incontro che ho fatto, nell’arco dei miei 23 anni, con persone, filosofi, autori, netturbini e quel tossico che continua a chiedermi i due euro a Cadorna, insomma, una roba relativamente difficile da descrivere, riassumere, o anche solo esplicitare: eppure questo determinato utente ha riassunto con fuffa un pensiero di una persona che ha scritto sul sito di un collettivo femminista. Per il termine di questo filone dovrete aspettare un po’, ma assicuro che ci torneremo. 

Successivamente il forum scopre chi sono: commentano il fatto che io sia nato nel 97, quindi non abbia molta esperienza dalla mia, trovano una mia foto, una risalente ad anni fa, appena sotto smetto di essere argomento di conversazione, il mio ego ne è rimasto ferito. Argomento di conversazione diventa la mia scelta di utilizzare il Forum dei Brutti come principale fonte per il primo articolo. Un utente fa notare come quel forum crei un danno non indifferente alla redpill e più in generale all’androsfera, dovutamente alla scarsa qualità della moderazione, e che quindi gli esterni che si approcciano ne rimangono giustamente e ovviamente sconvolti. La scelta di usare il forum dei brutti, da ora in poi FDB, era funzionale al fatto che conoscevo solo quello e davo per scontato fosse un campione rappresentativo. Evidentemente per gli utenti di ramispogli non lo è. 

La natura del thread era quella di un generale su tutti gli articoli che parlano degli incel: un utente fa una riflessione più ampia sul modo in cui questi articoli vengono scritti: secondo lui tutti gli articoli, tra cui, ovviamente, il mio, seguono un copione e una struttura ben precisa, tranne, a quanto pare, uno: sia per struttura, sia per l’estrazione dell’autore, che si autodefinisce un MGTOW. Con questa sigla, che sta per Men going their own way, identifichiamo soggetti che si identificano come maschi che reputano di non dover cedere alle aspettative sociali imposte dalle donne e dalla comunità, in quanto queste vengono trovate ostili nei confronti della mascolinità. Questi soggetti, ascrivibili sempre all’androsfera, si vogliono separare dalle donne e dalla società perché sono entrambe state distrutte dal femminismo

Il femminismo di cui parlano i MGTOW e anche, successivamente nel thread, gli utenti di ramispogli non è chiaramente definito, ma sembra apparire come un capro espiatorio più che una vera entità concreta. 

Il femminismo odierno a cui si riferiscono sembra un femminismo radicale e violento che vuole soverchiare e schiacciare gli uomini, concetti e modus operandi caratteristici soltanto di un determinato femminismo radicale che difficilmente però è quello rappresentativo della maggior parte dell’attivismo che si ascrive a questo nome. 

Successivamente torno a essere soggetto di discussione, il finale del mio articolo è preso in analisi. Un utente fa notare come io abbia avuto un passato da piccolo sfigato che sono riuscito a risollevare grazie all’amore, anche se quest’ipotesi è scartata immediatamente dopo con ironia perché, presumo, il concetto di amore romantico è piegato alla narrativa sociobiologica della redpill. L’estratto del finale è il seguente, che così boosto il conteggio parole e sembro figo a consegnare gli articoli da 80k battute. 

Nel 2013 era il momento d’apice per la comunità incel internazionale, ed era anche il mio momento più vulnerabile. Il testo di Elliot Rodger mi spaventa perché in potenza avrei potuto scriverlo io. Avrei potuto scrivere uno o tutti dei vari post che ho proposto, che vi assicuro e reitero sono in realtà i più semplici da digerire. Le settimane che ho passato a fare da spettatore per lo più passivo mi hanno segnato: e se adesso, proprio adesso che ho una vita relativamente soddisfacente e ho il privilegio di poter chiudere in qualsiasi momento la pagina web e tornare dopo una settimana se ho bisogno di una pausa, sono spaventato dal testo di Elliot Rodger, il mio me tredicenne forse non avrebbe avuto questo lusso. Non avrebbe avuto la forza di volontà di dire basta. Non si sarebbe accorto di starsi radicalizzando.

Ora, parliamoci chiaro. Non è stato l’amore a “salvarmi”. Non credo nell’amore misericordioso e salvatore che ci hanno sempre proposto, e in molte cose capisco e condivido la pars distruens di quest’ideologia che vuole criticare fortemente alcune ineguaglianze all’interno della nostra società. La società mi aveva sempre detto che per essere un uomo dovevo rispettare dei canoni ben precisi (e in realtà me lo dice ancora), e io provavo, e provo ancora adesso, un grave senso di inadeguatezza in quelle poche occasioni sociali che ancora mi permetto. Non è stato l’amore a salvarmi, non è stata una relazione romantica o sessuale, ma non avrebbe senso spiegare con chiarezza cosa mi sia successo perché non ho la presunzione di estendere la mia vita personale al mondo intero. Il punto che volevo trasmettere, e evidentemente ho trasmesso male, è che tutti, potenzialmente, possiamo essere in una situazione di completo disagio per colpa degli standard proposti e preposti dalla società: come si voglia affrontare questo disagio purtroppo non sta a me dirlo, ma sta a me preoccuparmene. 

Dopo questo primo e nuovo tuffo sono pronto a dare il mio dictat senza basi: esattamente come un antropologo, dall’altra parte del mondo, dopo un solo giorno di studio riesce a ricostruire tutta la sociologia Bororo, sono pronto a farlo anche io. Rito di iniziazione alla sacra e infondata arte dell’Etnologia! 

La dinamica che si crea sugli insulti è la stessa che c’era in palestra, quando facevo scherma. Cosa molto borghese da dire, vero? L’aggressività e la competitività, fomentata dal fatto che eravamo i maschietti e che quindi dovevamo essere aggressivi e competitivi, perché era così che ci dicevano che dovevamo essere creava un sottoinsieme all’interno dei maschi in cui gli atteggiamenti di tossicità ironica venivano utilizzati per riconoscere e escludere le persone troppo sensibili o che semplicemente non apprezzano quell’atteggiamento di tossicità. Di contro, questo crea coesione sociale: cosa c’è di meglio di coalizzarsi contro un capro espiatorio? Non sono né il primo né l’ultimo che introduce l’idea del capro espiatorio come funzione necessaria alla coesione sociale: il signor Girard, ad esempio. Ora, non ho assolutamente il tempo di introdurre e concludere una sezione su René Girard, quindi vi reinvio alla lettura di Origine della cultura e fine della Storia, o, se proprio siete pigri, alla pagina wikipedia di Girard, alla sezione “Mimetic Desire”. 


Commenti

5 risposte a “Atto 1: di critiche e soia (Re: Articoli che parlano di noi, Incel)”

  1. C’è un errore transfobico nell’articolo, precisamente qui:

    “Con questa sigla, che sta per Men going their own way, identifichiamo soggetti, ASSEGNATI maschi, che reputano di non dover cedere alle aspettative sociali imposte dalle donne e dalla comunità”

    Non è “ASSEGNATI” ma che si IDENTIFICANO come maschi.
    “ASSEGNATO maschio” invece si può dire tanto di un uomo cis quanto di una donna trans.

    Per essere “transfemministi” ne capite veramente poco di queste cose…

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    1. Buonasera
      Giusto, correggo, è stata una svista

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      1. Errori che possono capitare, coniugare “trans” e “femminismo” non è che sia la cosa più facile del mondo – è po’ come rendere “patriottica” e pro-sud Italia la Lega NORD. Però quelli ci sono riusciti, quindi niente è impossibile.

        Faccio anche notare che il link al mio articolo sugli incel non funziona perché ho fatto il restyiling al blog e ho tirato via tutti i vecchi articoli per categorizzarli, li sto ripubblicando pian piano, uno o due al giorno. Se volete posso darvi conferma quando lo ripubblico, così cambiate il link.

        MGTOW in ogni caso non si focalizza tanto sulle aspettative SOCIALI – quella è roba superabile, basta fregarsene e al limite fare un po’ di stealth (che significa “passare inosservati”). Ma sugli aspetti LEGALI: il DDL 76/2016 cosiddetto Cirinnà stabilisce che se si convive insieme a una persona una volta che la convivenza finisce in alcuni casi questa persona può avere diritto agli alimenti. La Cassazione inoltre si è già mossa con una sentenza che estende, in alcuni casi, certi diritti alle “ex-non-conviventi assimilabili alle conviventi a causa dellla mutata sensibilità”: questi sono FATTI LGEALI non superabili semplicemente fregandosene o facendo “gli scemi per non pagare dazio” come si suol dire.
        In altre parole ciò che preoccupa e contro il quale ci si regola di conseguenza è la tendenza legale ad attribuire diritti e doveri simili a quelli che derivano dal contratto di matrimonio anche alle relazioni cosiddette “informali”…

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  2. L’articolo di TIMI a cui linkate non esiste più in quanto è stato ripubblicato nell’ambito del restyling del blog, il nuovo indirizzo, se vi interessa aggiornare il link, è questo:

    Filosofia MGTOW e condizione di “Celibato Involontario”.

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  3. […] Atto 1: di critiche e soia (Re: Articoli che parlano di noi, Incel), viene presentata la critica degli utenti del forum al primo articolo di Bacchella, che […]

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