di Marco Bacchella

Uno Zande, ovvero un individuo ascrivibile agli Azande, un gruppo etnico che vive nel Nord Est del Congo, quando ha bisogno di prendere una determinata decisione solitamente si rifà ad un indovino: questo indovino lavora per un oracolo. Questo indovino somministra del veleno ad un pollo e rivolge le domande all’oracolo. La sostanza usata dagli Azande non uccide sempre i polli, dunque le domande vengono poste seguendo la formula “se questo è vero, fai sì che i polli muoiano”. Se i polli non muoiono, quella cosa non è vera. Talvolta però l’oracolo sbaglia, il pollo muore e la cosa non è vera: quindi? Agli Azande non frega nulla in realtà. Continueranno a credere nella facoltà di predizione dell’oracolo giustificando in mille modi diversi l’errore. Non è stato usato il veleno giusto, la mia ex moglie ha il ciclo, mio fratello mi ha fatto un maleficio, gli spiriti sono cattivi o quello stronzo dell’indovino era semplicemente un cretino. In questo caso si assiste alla percezione selettiva: ovvero, vediamo solo quello che vogliamo vedere. 

Ogni tipo di teoria è supportata dagli utenti stessi attraverso delle fonti spesso citate e spesso racchiuse in una sezione apposita del forum. Dal momento in cui mi sono presentato all’interno del forum hanno criticato la mia scelta di utilizzare il FDB come fonte principale perché in realtà è uno dei pochi a non avere una sezione dedicata agli articoli scientifici e alla discussione sulle prove accademiche della redpill. 

Secondo loro è anche una questione ricorsiva, un cane che si morde la coda. Oramai il FDB è altamente indicizzato sui motori di ricerca per colpa dei giornalisti (quindi non io) e degli youtuber che vogliono fare qualche views facile e questo ammasserebbe su FDB persone che si fingeranno più misogine e problematiche solo per alimentare l’internet discourse attorno a loro, che richiamerà a sua volta altri contenuti da parte di giornalisti e youtuber.

La sezione “scientifica” che ramispogli offre è una sezione dedicata del forum che racchiude in diversi thread le prove della redpill. Insieme a questa sezione mi hanno rimandato alla Scientific Blackpill, una serie di teorie, dati e raccolte di articoli che proverebbero in modo assoluto e definitivo il comportamento sociale dei due sessi. Essenzialmente si propone di descrivere come le persone funzionano: come se gli antropologi non tentassero di farlo da 150 anni a questa parte. La Blackpill si estende su 18 macro argomenti, alcuni di questi trattano delle caratteristiche fisiche come lunghezza del pene, altezza, pitch della voce e tipo di corporatura, altri di caratteristiche socioeconomiche come disponibilità economica e il tipo di lavoro svolto, altri invece riguardano direttamente le donne, tra cui le scelte personali sul numero di partner avuti durante tutta la vita e come queste vengono percepite all’interno della società in termini più ampi. 

Associati a questa sfilza infinita di dati ci sono riflessioni più ampie, ad esempio su come Tinder manipoli la visibilità dei profili maschili per favorire l’ipergamia femminile. La Scientific Blackpill si configura come una lista di rimandi ad articoli, scientifici e non, che trattano degli argomenti più disparati. Vorrei analizzarne alcuni in questa sede, invitandovi a, ma sconsigliandovi di, consultare la lista nella sua interezza a questo link.

Le donne a quanto pare sarebbero attratte naturalmente dalla dark triad: dei tratti della personalità che vengono identificati in narcissism, narcisismo, machiavellainism, machiavellismo, e psycopathy o low empathy, psicopatia o poca empatia. A detta di questo studio, che è il primo citato nella Blackpill, 128 donne hanno trovato più attraenti uomini che esibivano questi tratti: non sarebbero infatti attratte dagli uomini empatici o responsabili come il senso comune vorrebbe, bensì sono attratte dall’esatto opposto. 

Un altro studio dell’infinita lista, o meglio, quattro studi di fila, esaminano le difficoltà che le persone all’interno dello spettro dell’autismo hanno a ricercare dei partner, sessuali e/o romantici, e come questo impatti le loro vite. Visto questo grande interesse per le persone all’interno dello spettro, chiesi ad alcuni utenti, tra cui quelli che mi fornirono in primis questo link, se sapessero la ragione di questo grande interesse. Alla mia domanda seguì una risposta in cui mi si accusava di volerli incastrare in qualche modo. 

Il mio professore di Metodologia della Ricerca Antropologica ha un detto, che credo che neanche sia suo, ma che abbia rubato da un autore più famoso di lui, come tutti gli antropologi fanno con le frasi fiche: se l’intervista dura per più di venti minuti, significa che non sapete fare il vostro lavoro, e quell’intervista stava durando da oramai due giorni. Mi dispiace signor Roberto, neanche potevo interromperla in modo brusco, che non avevo ancora informazioni sufficienti. 

Alla fine, superato un po’ di screzi iniziali, mi risposero, e in modo relativamente non violento, allegando anche un’emoji di un Pepe Clown. 

In un’altra sezione si affronta il razzismo sistematico che trapela attraverso il dating moderno e le sue sfaccettature, ponendo un’enfasi su come l’etnicità di una determinata persona giochi un ruolo fondamentale sul suo potenziale sex appeal. 

La Blackpill si configura come un’analisi preventiva della società e dello stato attuale delle cose comune a molte ideologie: questi studi non sono innatamente inerenti all’androsfera, piuttosto, mostrano molte delle inegualità in modo intersezionale alla società odierna euroamericana ed etnocentrica, quella dell’Occidente istituzionalizzato e globalizzato. Le discriminazioni per razza, peso, privilegio e per chi più ne ha più ne metta sono temi che il lunedì sera vengono trattati in riunione con gli altri membri di Frammenti, senza che questo sia un collettivo incel. La differenza principale è cosa ne si fa con questi dati: la Blackpill propone una teoria sociobiologica che affonda le radici in un percepito evoluzionismo biologico e sociale. 

È, in ultima istanza, la narrativa giustificatrice proposta che va a essere problematica per gli spettatori: non tanto gli articoli che vanno a comporre la Blackpill. La maggior parte degli incel all’interno di ramispogli ha problemi di natura sociale in quanto non rispecchia canoni estetici: assumiamolo per vero. D’altronde, io non ne ho mai visto uno in faccia, non posso sapere se e come questi individui sono normativamente belli. Il problema non dovrebbe essere ricercato nell’esistenza dei canoni estetici? Questi non possono essere creati dalle donne, come se ci fosse un concilio vaticano del genere femminile che decide cosa sia esteticamente bello e cosa non lo sia, ipotesi più probabile è che siano i mass media a proporre dei canoni estetici culturalmente imposti, come abbiamo avuto modo di vedere precedentemente. Perché la rabbia per questa negazione all’accesso alla sessualità è rivolta alle donne e non alle costruzioni culturali e alle sovrastrutture circostanti? 

Certo, associano il femminismo pop e liberal all’establishment, come abbiamo visto precedentemente, e pensano che la condizione di liberazione sessuale che il femminismo della seconda ondata ha portato abbia danneggiato le loro chance di riproduzione, ma sono troppi cerchi infuocati da saltare in una volta sola soltanto per dar colpa alle donne. 

All’interno della Blackpill ci sono diverse critiche a diversi aspetti della nostra società: la monogamia istituzionalizzata, le problematiche dell’online dating, gli alti tassi di infelicità tra le persone che non rispettano i canoni estetici: ma perché non si procede al rifiuto netto di queste dinamiche invece di configurarle in una sorta di meccanicismo nichilista per cui queste meccaniche esistono in quanto prodotto dell’evoluzione? 

Ad esempio, a giustificare il fenomeno dell’ipergamia femminile, alcuni incel creano delle narrative, basandosi sì sulla blackpill ma più su una reinterpretazione della storia biologica umana. Un utente descrive così il processo: 

La biologia non conosce sentimenti come l’amore, l’unica cosa che conta è la prosecuzione delle specie. Per questo motivo il maschio è spinto a ingravidare più femmine possibile mentre la femmina a farsi ingravidare dal più forte del branco.
Da qui nasce il fenomeno dell’ipergamia: il maschio, spinto dal testosterone tenterà di avere rapporti sessuali con quante più femmine della propria propria specie, questo molto spesso passando sopra le condizioni di salute o estetiche della femmina in questione.
La femmina invece no: dovendo sopportare diversi mesi di gestazione e sapendo che i nascituri condivideranno parte del patrimonio genetico del padre è estremamente selettiva per quanto riguarda la scelta del partner sessuale.

Altro punto e conseguente narrazione che gli incel propongono all’interno della scientific blackpill (o a partire da essa, spesso è complicato distinguere le due questioni) è che prima della liberazione sessuale sussisteva un regime di monogamia in cui ogni persona, valutata sulla scala LMS (Look, Money, Status) trovava un partner pariestetico (ovvero, con la stessa valutazione numerica) e, essendo la bellezza distribuita equamente anche se in curva gaussiana, non ci sarebbero state persone senza partner. Solitamente è esemplificato così: 

A sinistra vediamo come gli incel immaginano l’interazione prima della liberazione sessuale del 1968, a destra vediamo invece come la percepiscono odiernamente. Ora, i grafici li ho dovuti essenzialmente fare su canva, perdendo anche un paio di diottrie, perché non c’è un vero e proprio consenso se essi debbano essere rappresentativi o descrittivi della situazione: per non saper né leggere né scrivere, ho deciso di fare dei grafici rappresentativi. Essenzialmente, gli uomini valutati poco sulla LMS no avrebbero possibilità di intercorrere alcun tipo di relazione con alcun tipo di donna, mentre le donne, che sono detentrici del potere sessuale nella società odierna, avrebbero facoltà di uscire con uomini non loro pariestetici e quindi di ipergamare, mentre agli uomini rimane la sola opzione di ipogamare, ovvero intercorrere relazioni con donne valutate meno di loro. 

infatti fino alla cosiddetta “liberazione sessuale” le società occidentali hanno retto benissimo nonostante due guerre mondiali, poi nel giro di qualche decennio il declino inesorabile. Se ci fate caso i tassi di disoccupazione così elevati nel nostro Paese hanno avuto un’impennata quando anche le donne hanno iniziato a inserirsi massicciamente nel mercato del lavoro per raggiungere l’indipendenza economica.

Ora, la rivoluzione demografica post 68 c’è stata: la grande transizione demografica di una società che passava da alta fertilità e alta natalità (e alta mortalità infantile) a una società con bassa fertilità e bassa natalità (e bassa mortalità infantile) ha sicuramente cambiato i punti di riferimento ritenuti stabili fino a quel momento. C’è stato, innanzitutto, un cambiamento della funzione del figlio. Se prima, nella società mezzadrile, ad esempio, il figlio era destinato a essere unità produttiva, ovvero braccia per arare che gli asini costano un sacco, ora è un privilegio e un lusso. Non più una risorsa produttiva ma bensì un costo fisso. È diventato un privilegio e un lusso per più fattori: sia l’obiettivo costo che ha quello di crescere un figlio e dargli tutte le possibilità che gli si vuole dare, sia perché bisogna avere una condizione socioeconomica tale da potersi permettere queste possibilità spesso coincidono anche con una carriera avviata che non permette o non ammette, banalmente, la possibilità di avere un figlio. Oltre alla questione economica infatti c’è la questione temporale: la dilatazione del tempo della riproduzione è così un dato molto interessante, ovvero, l’età media in cui si ha il primo figlio è di anno in anno più avanzata, e questo, che corrisponde ad una minor fertilità, ci informa anche sulla mancanza di sovrastrutture e di welfare state che permettano la crescita di un figlio nel mondo neoliberista in cui ci troviamo. Altra novità concomitante al 1968 è stata la diffusione dei metodi anticoncezionali e dell’interruzione volontaria di gravidanza ha permesso di riscrivere il modo in cui pensavamo la riproduzione: non più un fattore biologico, incontrollabile ma bensì una questione artificiale e controllabile in cui la scelta diventa protagonista indiscussa.  Possiamo rimanere a discutere per mesi di cosa voglia dire questa grande transizione demografica e le sue implicazioni su come pensiamo alla riproduzione, e soprattutto io potrei rimanere ore a sputare i miei appunti di antropologia di genere su questo foglio, ma volevo semplicemente farvi notare come un cambiamento c’è effettivamente stato nella seconda metà del XX secolo, ma questo non è per forza relativo ad un acquisto di potere da parte di una delle due parti.

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